Cosa significa essere riconosciuti come eccellenza straniera all’estero? Lo abbiamo chiesto a Mehadi Pranta residente del Collegio delle Peschiere che quest’anno ha ricevuto dal Console Generale dell’Ambasciata bengalese a Milano il premio di eccellenza bengalese all’estero.
Mehadi è uno studente di ventidue anni che a settembre inizierà il suo quinto anno di Medicina presso l’Università degli Studi di Genova. Nato a Decca, nel cuore del Bangladesh, si trasferisce all’età di sei anni con la madre in Italia per raggiungere il padre che lavora a Milano.
“Vivo nella zona sud di Milano in una piccola comunità dove tutti si conoscono. Quando sono entrato alla facoltà di medicina a Genova la voce si è sparsa velocemente, erano tutti entusiasti e felici per questo importante traguardo raggiunto. In effetti è molto raro trovare un bengalese a Milano che studia medicina, di solito le persone del mio Paese vengono in Italia per svolgere lavori più umili e semplici.
Quando mi è giunta notizia che il Console Generale del Bangladesh di Milano voleva conoscermi ero positivamente sorpreso ma allo stesso tempo onorato. Dovevo incontrarlo l’anno scorso ma poi a causa della pandemia e la conseguente situazione di lockdown abbiamo dovuto rimandare tutto.
Ho avuto il piacere di conoscere il Console quest’anno in maniera piuttosto casuale. Dovevo recarmi al Consolato Bengalese per fare il Visto permanente. Per caso sono stato riconosciuto allo sportello e accompagnato dal Console il quale mi ha ricevuto senza appuntamento. Ero stato colto alla sprovvista, non sapevo come rivolgermi a lui e non ero neanche vestito in maniera adeguata ma una volta entrato nel suo ufficio mi sono sentito a mio agio. Si è subito complimentato con me dicendomi che da quando svolge il suo mandato in Italia non gli era mai capitato di sentire di un ragazzo bengalese con grandi progetti per il futuro, con la stessa mia voglia di aspirare a qualcosa di più del semplice accontentarsi.
Dopo la laurea mi piacerebbe specializzarmi a Milano in chirurgia dei trapianti di organi o in cardiochirurgia. Ho però un sogno che custodisco nel cassetto, ovvero quello di poter lavorare un giorno al Ministero della Salute e poter dare il mio contributo per aiutare il sistema sanitario italiano. L’Italia mi ha permesso di avere una vita migliore di quella che avrei potuto trovare restando in Bangladesh, voglio quindi fare qualcosa per il mio Paese, restituire quello che ho ricevuto.
Prima di salutarci il Console mi ha consegnato lo jamdani come premio di eccellenza straniera all’estero. Si tratta di un tipo di tessuto a grana molto sottile e prezioso che viene utilizzato per realizzare il classico vestito bengalese tipico delle donne, il Sari o Shari. Jamdani è l’orgoglio della maestria e della sapienza millenaria degli artigiani bengalesi tanto che nel 2013 questa tradizionale arte della tessitura è stata riconosciuta dall’UNESCO Patrimonio Culturale.
Al di là del valore del tessuto, questo premio è per me motivo di orgoglio e soddisfazione. Vedere che la fatica e i sacrifici nello studio quotidiano vengano riconosciuti non solo dalle persone a me care ma anche dal Consolato Generale, che rappresenta lo Stato, è per me motivo di orgoglio, sono onorato di rappresentare il Bangladesh in Italia.
Sicuramente dedico il premio alla mia famiglia, in particolare ai miei genitori che mi supportano ogni giorno e che fanno sacrifici per darmi un futuro migliore, ai miei amici e a tutte le persone che mi accompagnano in questo mio percorso di studi. Tra questi non possono non citare le persone che ho incontrato in residenza, la mia casa lontano da casa.
La vita in residenza rappresenta la miglior opportunità che mi sia capitata da studente universitario. Mi ha insegnato a convivere e sapermi approcciare con persone diverse, cosa che mi tornerà sicuramente utile in futuro, quando sarò medico e dovrò interfacciarmi ogni giorno con pazienti nuovi. Mi ha stimolato a raggiungere i migliori risultati accademici, vedere infatti i miei coetanei studiare e dare esami difficili mi ha dato la giusta motivazione e mi ha spronato a credere nelle mie capacità, adesso sono ancora più convinto di farcela. Questo non sarebbe successo se fossi entrato in Statale a Milano perché sarei rimasto a casa mia.
Ma il vero valore aggiunto della residenza è proprio l’ambiente familiare che mi ha fatto sentire come se fossi sempre a casa. Nei momenti di difficoltà ho sentito l’affetto e la vicinanza delle persone, questo per me è stato fondamentale perché ha reso il mio percorso più facile. Ho scoperto che per aiutare una persona non c’è sempre bisogno di fare chissà cosa, basta un amico che ti dica “male che vada l’esame dopo ci facciamo una partita di calcetto al campo, lo ridarai tra dieci giorni, non è un problema”. Qui siamo tutti una famiglia.
Speriamo di continuare su questa strada, di finire bene e di tornare alla normalità. Adesso sono a Milano dalla mia famiglia perché l’università ha sospeso i tirocini, tutti i reparti erano occupati da pazienti Covid e le lezioni e gli esami sono stati tutti online. A settembre conto di iniziare l’università in presenza e di ritornare ‘a casa mia’, la residenza.
Il prossimo premio? Speriamo la laurea.”
Redazione
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